Calvizie, nasce a Roma il Centro Integrato Alopecie (Cia)

Si tratta di una struttura in grado di gestire in maniera coordinata sotto lo stesso tetto le fasi di diagnosi e terapia di tutte le affezioni del cuoio capelluto.

Tra i 15 e i 20 milioni di italiani, donne e uomini, giovani o più avanti con gli anni, perdono i capelli per patologie del cuoio capelluto, malattie differenti o semplicemente per fattori ereditari. Chi ne soffre, dicono gli specialisti, prova un profondo disagio, con ripercussioni negative sia psicologiche che sociali. Per affrontare in modo sistematico la calvizie di qualsiasi tipo è nato a Roma, primo in Europa, il Centro Integrato Alopecie (Cia) presso l’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) Irccs, struttura in grado di gestire in maniera coordinata sotto lo stesso tetto le fasi di diagnosi e terapia di tutte le affezioni del cuoio capelluto.

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Il Centro, diretto da Gianfranco Schiavone, accoglie fino a 700 pazienti al mese, di cui una ventina al giorno sono giovani tra i 15 e i 22 anni (il 20% donne). Secondo i dati dell’Idi, il fenomeno colpisce, diversamente da quanto si creda, circa il 50% del sesso femminile in fasi differenti della vita, con esordio dalla pubertà nei casi più gravi, ma di solito dopo la gravidanza o la menopausa. Per il sesso maschile, a 30 anni la caduta riguarda mediamente il 30% della popolazione, a 50 anni il 50%, e a 70 anni l’80%.

“Il paziente tipo è un ragazzo molto giovane che comincia a vedere la stempiatura o lo sfoltimento in cima alla testa – spiega Schiavone –, ed è molto ansioso per come può evolvere la situazione, specie nel caso in cui i genitori abbiano lo stesso problema. Rispetto al passato le terapie attuali non rappresentano un rischio, poichè non alterano alcun assetto ormonale. Nei casi in cui è necessario si procede col trapianto”.

La nascita del Cia è stata fortemente voluta anche per superare il vecchio concetto di ambulatorio con visita tricologica, oltre che per garantire ai pazienti un approccio scientifico complessivo e integrato a cui prendono parte specialisti di diversi settori. Come per esempio nel caso delle donne che perdono i capelli a causa dell’ovaio policistico e seguite contemporaneamente da dermatologi e ginecologi.

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Si tratta di una struttura in grado di gestire in maniera coordinata sotto lo stesso tetto le fasi di diagnosi e terapia di tutte le affezioni del cuoio capelluto.

Tra i 15 e i 20 milioni di italiani, donne e uomini, giovani o più avanti con gli anni, perdono i capelli per patologie del cuoio capelluto, malattie differenti o semplicemente per fattori ereditari. Chi ne soffre, dicono gli specialisti, prova un profondo disagio, con ripercussioni negative sia psicologiche che sociali. Per affrontare in modo sistematico la calvizie di qualsiasi tipo è nato a Roma, primo in Europa, il Centro Integrato Alopecie (Cia) presso l’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) Irccs, struttura in grado di gestire in maniera coordinata sotto lo stesso tetto le fasi di diagnosi e terapia di tutte le affezioni del cuoio capelluto.

Il Centro, diretto da Gianfranco Schiavone, accoglie fino a 700 pazienti al mese, di cui una ventina al giorno sono giovani tra i 15 e i 22 anni (il 20% donne). Secondo i dati dell’Idi, il fenomeno colpisce, diversamente da quanto si creda, circa il 50% del sesso femminile in fasi differenti della vita, con esordio dalla pubertà nei casi più gravi, ma di solito dopo la gravidanza o la menopausa. Per il sesso maschile, a 30 anni la caduta riguarda mediamente il 30% della popolazione, a 50 anni il 50%, e a 70 anni l’80%.

“Il paziente tipo è un ragazzo molto giovane che comincia a vedere la stempiatura o lo sfoltimento in cima alla testa – spiega Schiavone –, ed è molto ansioso per come può evolvere la situazione, specie nel caso in cui i genitori abbiano lo stesso problema. Rispetto al passato le terapie attuali non rappresentano un rischio, poichè non alterano alcun assetto ormonale. Nei casi in cui è necessario si procede col trapianto”.

La nascita del Cia è stata fortemente voluta anche per superare il vecchio concetto di ambulatorio con visita tricologica, oltre che per garantire ai pazienti un approccio scientifico complessivo e integrato a cui prendono parte specialisti di diversi settori. Come per esempio nel caso delle donne che perdono i capelli a causa dell’ovaio policistico e seguite contemporaneamente da dermatologi e ginecologi.

Non solo. La creazione di un Centro integrato, già punto di riferimento per tutto il Centro-Sud, evita la trafila, spesso senza successo, presso privati legati a società commerciali che vendono prodotti e trapianti anche di dubbio valore scientifico. Del resto a far comprendere il peso e la diffusione del fenomeno basta guardare alla crescita esponenziale del cosiddetto turismo medico degli ultimi anni in Albania o Turchia per i trapianti di capelli.

“A Istanbul, diventata come Rio De Janeriro per la chirurgia estetica degli anni Ottanta, si spende la metà che da uno specialista privato in Italia – racconta Schiavone –, ma ci sono rischi legati a possibili complicanze post-operatorie che non vanno trascurati. Se quando si è tornati a casa si presenta un’infezione, la febbre, le croste, difficilmente il paziente riprenderà l’aereo per tornare in Turchia o in Albania. Con tutte le conseguenze del caso”.

Per combattere la forma più diffusa di calvizie, l’alopecia androgenetica, all’Idi si utilizzano tra l’altro le terapie biologiche a base di derivati del plasma nella loro ultima variante, il prf

(evoluzione del prp), erogato in ospedale sotto il controllo del Centro trasfusionale secondo le direttive del Centro nazionale sangue: la fotobiomodulazione (low level laser therapy); il microneedling, sia chirurgico che domiciliare tramite derma-pen e derma-stamp, associato o meno alla somministrazione di sostanze topiche, come alcuni biorivitalizzanti.

Contro l’alopecia androgenetica i dermatologi del Cia usano pure il trapianto di cellule staminali dal grasso autologo, una sorta di lipofilling su cui stanno convergendo le ricerche per che richiede un piccolo intervento chirurgico ambulatoriale, nei casi di pazienti resistenti alle altre terapie. La rivoluzione nell’assistenza dei pazienti comprende altri due punti: le terapie per le persone trattate con cure oncologiche e il versante estetico, ossia il trapianto, eseguito in associazione alle terapie biologiche e seguendo una nuova metodica chiamata Beht (biologically enhanced hair transplantation). Al Cia i pazienti pagano il ticket e, nel caso di trapianto e trattamenti estetici, la spesa è calmierata rispetto agli studi privati.

Redazione Nurse Times

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Non solo. La creazione di un Centro integrato, già punto di riferimento per tutto il Centro-Sud, evita la trafila, spesso senza successo, presso privati legati a società commerciali che vendono prodotti e trapianti anche di dubbio valore scientifico. Del resto a far comprendere il peso e la diffusione del fenomeno basta guardare alla crescita esponenziale del cosiddetto turismo medico degli ultimi anni in Albania o Turchia per i trapianti di capelli.

“A Istanbul, diventata come Rio De Janeriro per la chirurgia estetica degli anni Ottanta, si spende la metà che da uno specialista privato in Italia – racconta Schiavone –, ma ci sono rischi legati a possibili complicanze post-operatorie che non vanno trascurati. Se quando si è tornati a casa si presenta un’infezione, la febbre, le croste, difficilmente il paziente riprenderà l’aereo per tornare in Turchia o in Albania. Con tutte le conseguenze del caso”.

Per combattere la forma più diffusa di calvizie, l’alopecia androgenetica, all’Idi si utilizzano tra l’altro le terapie biologiche a base di derivati del plasma nella loro ultima variante, il prf (evoluzione del prp), erogato in ospedale sotto il controllo del Centro trasfusionale secondo le direttive del Centro nazionale sangue: la fotobiomodulazione (low level laser therapy); il microneedling, sia chirurgico che domiciliare tramite derma-pen e derma-stamp, associato o meno alla somministrazione di sostanze topiche, come alcuni biorivitalizzanti.

Contro l’alopecia androgenetica i dermatologi del Cia usano pure il trapianto di cellule staminali dal grasso autologo, una sorta di lipofilling su cui stanno convergendo le ricerche per che richiede un piccolo intervento chirurgico ambulatoriale, nei casi di pazienti resistenti alle altre terapie. La rivoluzione nell’assistenza dei pazienti comprende altri due punti: le terapie per le persone trattate con cure oncologiche e il versante estetico, ossia il trapianto, eseguito in associazione alle terapie biologiche e seguendo una nuova metodica chiamata Beht (biologically enhanced hair transplantation). Al Cia i pazienti pagano il ticket e, nel caso di trapianto e trattamenti estetici, la spesa è calmierata rispetto agli studi privati.

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